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Il valore del tempo nel vuoto sospeso della pandemia

31.05.21

Il diario-testimonianza di Gianluca, giovane volontario della Protezione Civile di Nociglia

 

Borgo Autentico di Nociglia (LE), poco più di duemila abitanti nel cuore delle Serre Salentine a dieci chilometri dal Mare Adriatico. Una fondazione che parrebbe risalire al III secolo a.C. per un’etimologia che rimanda ai boschi di noce. Storia e natura che si amalgamano da sempre senza soluzione di continuità. Anche qui lo scoppio della pandemia sconvolge la quotidianità degli abitanti, ma non scalfisce l’animo dei tanti volontari del paese che cominciano a mettersi al servizio della collettività.

Come Gianluca Ruggeri, ventunenne, membro del gruppo comunale di Protezione Civile. Ha voluto condividere con noi il diario di una sua giornata-tipo durante i mesi più bui e drammatici, dedicandolo a tutti coloro che hanno sacrificato il proprio tempo per superare i danni sociali causati dal Covid-19. Un racconto intimo che profuma di umanità, solidarietà e sostegno reciproco.

07.30: suona la sveglia, come ogni mattina. Doccia, colazione, indosso la divisa della Protezione Civile. Oddio la mascherina! Ancora devo farci l’abitudine…

8.30: si va in Comune per dare inizio alle attività. Le strade sono incredibilmente deserte.

9.00: appello dei volontari. Presente! Apertura del COC (Centro Operativo Comunale, La Mia Casa in questi giorni, da qui partono e arrivano chiamate dalle autorità competenti del territorio ventiquattrore su ventiquattro). Inizia il turno, per ogni volontario una specifica mansione.

9.30: entro nel pick-up, 1ª tappa farmacia per ritirare i medicinali degli anziani che non possono uscire di casa, 2ª tappa posta per pagare le bollette per chi è impossibilitato. Nel frattempo i miei colleghi fanno la spesa nei negozietti del paese e consegnano gli alimenti. Quanti nonni ho in questi giorni, entro per un attimo nelle loro storie, intime e fragili, mi fermo sempre sulla soglia…

12.30: finisce il primo turno. Tutti a casa. Lavo e disinfetto la divisa. Pranzo. Spero di non ricevere chiamate urgenti dal COC.

14.30: torno in Comune. Due persone sono accostate lì vicino con un furgone: sono i proprietari di un negozio, hanno deciso di donare alla comunità mascherine, gel igienizzante e guanti, merce rara chi l’avrebbe mai detto! Ci dividiamo in gruppi e inizia la distribuzione alla cittadinanza. Essere comunità, in fondo, vuol dire sostenersi nelle difficoltà.

16.00: salgo sul pick-up, inizia il giro per il paese con la diffusione del messaggio del Sindaco: questa notte ci sarà la disinfezione delle strade.

18.00: si torna in Comune per la chiusura del COC e lo stop alle attività. Ma inaspettatamente un altro furgoncino attende il nostro arrivo: c’è scritto “Cuore Amico”, è una Onlus e ha deciso di donare e distribuire pacchi di generi alimentari alle famiglie che stanno patendo particolarmente questo momento di crisi. Iniziamo, con l’aiuto dell’ufficio Servizi Sociali, ad individuare le persone più bisognose del nostro paese.

18.30: parto con i Carabinieri per un controllo anti assembramento, gli altri iniziano a distribuire alimenti e pasti caldi a chi ne ha bisogno.

19.14: tutti in Comune per stilare verbali e concludere i turni.

20.00: sto per tornare a casa, dal balcone del Municipio parte l’Inno di Mameli che abbraccia tutto il borgo, che emozione! Ormai sono abituato a tornare a casa ascoltando solo il silenzio assordante. Mi fermo, forse fuori è primavera. Sul balcone c’è un grande cuore rosso, era lì per San Valentino, poi la pandemia ha cambiato il senso di tutto, lo guardo e penso al mio paese, sono certo che insieme supereremo tutto questo.

20.30: sono a casa, lavo la divisa, la disinfetto e ceno.

1.55: arrivo in Comune con i due operatori addetti alla disinfezione. Tutto pronto, si parte.

4.30: finalmente a casa, sono stanco dopo un’intera giornata, mi stendo sul letto e inizio a pensare a chi più di tutti sta soffrendo, a chi ha perso il lavoro, a chi ha perso delle persone care e io, come Protezione Civile, ma anche come persona mi sento in dovere di dare una mano al mio paese. Non importa quante ore devo lavorare, non importa se è sabato o domenica. Vedere la gente sorridere di fronte a un aiuto e dare loro un po’ di speranza è la cosa che più mi rincuora e mi dà la forza di continuare ogni giorno..