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Ugento, nella Puglia Salentina è riconosciuta dal 2008 Città d’Arte dalla Regione Puglia per l’impegno nel recupero, restauro e valorizzazione dei beni culturali, mentre il Parco Naturale Regionale “Litorale di Ugento” è considerato Sito d’interesse Comunitario della Rete Natura 2000 dell'Unione Europea, riconoscimenti che attestano la tutela e valorizzazione del territorio, dalla natura al patrimonio storico artistico, a 360°.

Il Borgo di Ugento

Ugento può vantare un’ampia ed eterogenea varietà paesaggistica che va dall’entroterra caratterizzato da distese di oliveti con piante secolari, vitigni, pini marittimi e piccoli cespugli tipici della macchia mediterranea fino ai 12 km di spiagge bianche sabbiose, le Marine di Ugento. 

Di particolare interesse "le gravinelle” canaloni carsici tra loro paralleli e perpendicolari alla linea di costa. Al loro interno sopravvive una vegetazione a lecceta, con esemplari di notevole sviluppo, arricchita da alberi di carrubo.

La Storia

Ozon, antico nome di Ugento, vide il massimo splendore con i Messapi, provenienti dalle coste balcaniche e che si insediarono nella zona intorno al 1500-1000 a. C.. Segno indelebile di tale insediamento il vasto perimetro delle mura messapiche (circa 4.900 metri) il cui spessore, tra i 6 e gli 8 metri, è ancora oggi visibile in alcuni tratti. 

Grazie alla sua posizione divenne il porto di riferimento per tutta la fascia ionica sia commercialmente che militarmente, assumendo una notevole importanza strategico - economica tanto che i Messapi istituirono, in quella che poteva essere considerata una città a tutti gli effetti, una zecca in grado di coniare monete.

La ricchezza di Ugento non passò inosservata a Roma che la volle all’interno dell’Impero. 

Lo scoppio delle guerre puniche rappresentò l’occasione per le città messapiche di riconquistare la propria indipendenza, ma con la sconfitta di Cartagine, Ugento nell’82 a. C. divenne a tutti gli effetti Municipio Romano.

È sotto l’impero romano che venne fondato il villaggio di Geminiano, l’odierna frazione Gemini.

Con la caduta di Roma, anche Ugento subì le violente e distruttive invasioni barbariche che spazzarono via la potenza che aveva rappresentato. Solo a partire dall’ anno 1000 con la conquista dei Normanni, la città ricominciò a risollevare le proprie sorti. Divenne feudo per la prima volta intorno all’XI secolo e nel 1195 fu incorporata al principato di Taranto. Si susseguirono poi diverse casate fino al 1537 quando le truppe di Khayr al-Din Barbarossa  invasero e distrussero nuovamente la città.

Tra i feudatari che ressero il governo troviamo: i Pandone, i Vaaz de Andrata ed, in ultimo, i D'Amore fino al 1806 quando Giuseppe Bonaparte abolì la feudalità nel Regno di Napoli.  

Intorno al 1880, Ugento subì un grosso mutamento a livello urbanistico, furono abbattute numerose abitazioni realizzando l’attuale piazza Vittorio Emanuele II e alcune strade che costituiscono il centro storico attuale.

Da vedere

Ugento, Città d'Arte, racchiude una panoramica della storia dell’architettura dal 1300 al 1800.

Concentrati nel centro del borgo il Castello, Palazzo Colosso, la Torre Civica, il Palazzo Vescovile, il Museo Civico di Archeologia  e la Cattedrale.

La Cattedrale dedicata a Santa Maria Assunta con la facciata in stile barocco – neoclassico ospita dal 1982,  nei suoi sotterranei sepolcrali, il Museo della Diocesi di Ugento, considerata una delle diocesi più antiche dell’Italia meridionale, come documentato da uno scritto di Innocenzo III datato 1198. Il Museo espone statue di santi realizzate dai cartapestai salentini, arredi sacri e paramenti vescovili di notevole pregio e fattura.

A pochi passi dalla Cattedrale si possono osservare gli archi gotici alla base della Torre dell’Orologio e il cinquecentesco Palazzo Colosso, il cui nome deriva dalla nobile famiglia che lo possiede e che ha saputo custodire la preziosa raccolta iniziata dal Barone Colosso continuata poi da Adolfo Colosso, composta da 794 reperti rinvenuti ad Ugento e nelle località vicine, collezione che copre la storia del territorio dal VI secolo a.C fino all’Alto Medioevo.

Un altro luogo in cui è possibile approfondire la storia di Ugento è il Museo Civico di Archeologia ubicato nell'antico Convento dei Francescani di S. Maria della Pietà del 1430. Il chiostro centrale coperto da una architettura moderna ospita la “Tomba dell’Atleta”, risalente al VI secolo a.C, imponente sepolcro in pietra rinvenuto casualmente negli anni ’70 nel centro del paese, poi spostato e ricostruito all’interno del museo. Si pensa fosse di un atleta poiché all’interno sono stati ritrovati oggetti del corredo funebre collegabili agli utensili utilizzati dagli atleti.

Uno dei pezzi principali del Museo è la copia della nota statua bronzea di Zeus, realizzata con la tecnica della fusione a cera persa, tra le poche in questo materiale arrivate ai nostri giorni, rinvenuta ad Ugento nel 1961, mentre l’originale è esposto al Museo Archeologico di Taranto.

Si tratta di una statua votiva, realizzata da un artista tarantino tra il 530 e il 500 a.C., considerata una delle opere d’arte più importanti della Magna Grecia e rappresenta una testimonianza straordinaria di quella che era la potenza e l’importanza di Ugento, intorno al VI secolo A.C., città ponte tra i Messapi e Taranto, unica colonia greca in Puglia.

Dal 2005 grazie alla stretta collaborazione tra l’amministrazione comunale e la proprietà privata ha riaperto le porte il Castello permettendo così ai visitatori di ammirare i saloni interni decorati.

All’esterno, invece, è strutturato architettonicamente alla base, sullo stile delle antiche torri di avvistamento romane, di forma tozza e con mura massicce, e si sviluppa poi in altezza in stile normanno.

Spostandosi dal centro del borgo, a circa un chilometro, si possono ammirare la Cripta del Crocifisso piccola cappella ipogea di età medievale con affreschi dal XIII al XVII secolo con uno stile fortemente influenzato dal monachesimo orientale e dal rito greco, e la Cappella della Madonna di Costantinopoli dei primi del 1600, un unico vano a botte interamente affrescato, nato come edificio isolato, oggi inglobata in una struttura masserizia del XVIII secolo, nota come Masseria Crocefissi.

Nelle vicinanze della Cappella di Costantinopoli sono presenti i resti di una necropoli arcaica costituita da una trentina di tombe a fossa e a breve distanza è rimasta intatta una tratta della cinta muraria messapica di due metri e mezzo di altezza.

Da gustare

Il pranzo ad Ugento inizia con una serie di stuzzichini a base di pomodori secchi, olive condite, melanzane e zucchine sott’olio, tutti prodotti della campagna, da accompagnare con un buon pane casereccio di grano duro. Coltivazione tipica del Salento sono anche i lampascioni o pampasciuni, sorta di cipolla raccolta in settembre, conservati poi sott’aceto o sott’olio in modo da poter essere gustati durante tutto l’anno.

Il legame della cucina con il territorio e con la tradizione si nota anche dai nomi delle pietanze espressi in dialetto pugliese.

Tra i primi ciciri e trina, minestra di ceci e pasta fatta in casa, rappresenta una delle ricette più semplici e più antiche, preparata in origine in concomitanza con la festa di San Giuseppe quando si allestivano tavolate imbandite con il raccolto e si offriva un pasto caldo ai poveri.

Si prestano sia come antipasto sia come secondo le pittule, palline di pasta lievitata fritta da mangiare vuote o con acciughe o cime di ripa saltate in padella e la pitta di patate, due strati di patate lesse, schiacciate, la cui farcitura può cambiare a seconda dei gusti : prosciutto e formaggio, pomodoro cipolla e olive, oppure cime di rapa con le acciughe. Viene cotta al forno e servita a tranci.

Un secondo d’eccezione sono gli gnummareddi, involtini di frattaglie, solitamente di agnello o pecora, aromatizzati con prezzemolo e finocchietto selvatico, avvolti poi nel budello e cotti alla griglia, mentre è della tradizione natalizia lo stoccafisso precedentemente ammollato e poi fritto.

A fine pasto, ma anche come merenda energetica, è abitudine gustare i fichi secchi con dentro una mandorla conservati in vaso.

Sulla tavola non possono mancare olio extravergine di oliva per condire e un buon vino rosso, tra i più conosciuti il Primitivo e il Negroamaro.

Cosa fare

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