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Samugheo è un piccolo borgo della provincia di Oristano che sorge nella regione storica del Mandrolisai, a 40 chilometri dal capoluogo provinciale.

Il Borgo di Samugheo

Un territorio ricco di gole, pareti rocciose e fresche sorgenti, particolarmente fertile e rigoglioso, ospita Samugheo. Tra lentischi, lecci, olivastri, euforbia e garofani selvatici, si possono scorgere e ammirare volpi, pernici, ghiandaie, cinghiali, gheppi e falchi.

La ricchezza del borgo però non è solo legata al suo paesaggio e alla varietà della sua biodiversità: a caratterizzare Samugheo e la sua comunità, c’è ancora oggi una ricca memoria collettiva desiderosa di trasmettere il patrimonio culturale costituito da storie e leggende di un passato remoto, perpetuando riti di origini antichissime ma ancora vivi e molto sentiti.

Tra le tradizioni conservate nel tempo spicca l’artigianato, in particolare quello tessile, a cui è dedicato un intero museo, il Museo Unico Regionale dell’Arte Tessile Sarda.

La Storia

La zona in cui sorge il borgo di Samugheo è stata abitata fin dal neolitico recente (3400-3200 a. C.), come dimostrano le numerose sepolture a domus de janas. Durante la media Età del Rame (2600-2400 a. C.), il territorio assume particolare importanza come evidenziano i diversi diversi siti da cui provengono delle statue menhir. Particolarmente importanti i ritrovamenti di Cucu de Lai, da cui provengono oltre 300 frammenti di menhir, e di Paule Luturru. Altre tracce del passato sono rappresentate da nuraghi e tombe dei giganti, testimonianze delle fasi romana e bizantina. Nei dintorni del paese sono stati inoltre ritrovati ruderi di villaggi distrutti, i cui abitanti confluirono in parte a Samugheo.

Per quanto riguarda le vicende storiche, la prima menzione del nome del paese si ha nel Condaghe di Santa Maria di Bonarcado (registro monastico del XII-XIII secolo), dove compare nella forma “Sumugleo”. Nel basso medioevo appartenne alla curatoria del Mandrolisai, del Giudicato di Arborea. Alcuni suoi rappresentanti, nel 1388, figurano tra i firmatari della pace tra Giovanni d’Aragona ed Eleonora d’Arborea. In seguito Samugheo, insieme alla curatoria di appartenenza, passò al marchesato di Oristano. Con gli aragonesi e con gli spagnoli il Mandrolisai fu considerata contea reale, ottenendo il privilegio di essere governata da un rappresentante del luogo, scelto dal Re, sulla base di tre nomi proposti dai comuni. Il privilegio fu confermato dal re Carlo Emanuele di Savoia nel 1740; nel corso del XVIII secolo, il Mandrolisai fu annesso alla contea di San Martino, per liberarsi poi dal regime feudale nel 1839 in seguito agli effetti dell’Editto delle chiudende.

Da vedere

Il centro storico del borgo autentico di Samugheo si caratterizza per la presenza di portali a tutto sesto delimitati da cornici in trachite rossa, portali che hanno spesso aperture tali da garantire agevolmente il passaggio a carri trainati da buoi. Generalmente le case sono a due piani, con balconi che adornano il piano superiore e loggiati al piano terra, dotate di forno per la cottura del pane e talvolta di pozzo. Un esempio è dato dalla Casa Serra, oggi sede della biblioteca comunale, ma con uno spazio aperto accessibile, in cui è possibile vedere il loggiato adibito a stalla, il forno, il pozzo, su muntonargiu (parte del cortile utilizzata per gettare la spazzatura) e con un antico carcere-caserma.

Tra gli edifici che maggiormente rappresentano gli elementi di pregio architettonico e storico del borgo di Samugheo, spiccano diverse chiese.

Tra queste, la chiesa parrocchiale di San Sebastiano, edificata a partire dal XVI secolo e gradualmente ingrandita. Si narra che l’edificio fosse stato progettato per essere costruito 300 metri più a ovest rispetto al luogo in cui si trova attualmente ma che, ogni mattina, il materiale d’opera comparisse dove si trova ora la chiesa, spostato per volere del santo. È realizzata in stile gotico locale, denominato gotico aragonese, a navata unica costeggiata da tre cappelle per lato, aperte mediante arconi gotici e presbiterio quadrato, voltato a crociera con vele definite da costolature. Ai lati del presbiterio si aprono due grandi cappelle che conferiscono alla chiesa una pianta a croce latina. Il prospetto dell'edificio è a capanna, realizzato con conci squadrati di trachite, coronato da tre piccoli acroteri; al centro vi si trova un rosone ottagono in cui con dei vetri colorati è stata realizzata l'immagine del santo venerato.

La chiesa di Santa Maria di Abbasassa, invece, è una chiesa campestre che sorge su un’altura di circa 450 metri sul livello del mare. Per lungo tempo abbandonata, fu ripristinata nel 1931, in seguito al voto di un gruppo di giovani di Samugheo di rientro dalla Grande Guerra. Durante i lavori di restauro emersero delle testimonianze archeologiche: un tesoretto di monete puniche, iscrizioni funerarie romane, molto probabilmente pertinenti  ad un’area di necropoli relativa a un abitato situato nei dintorni. Gli uomini notarono anche le tracce di un edificio precedente, da loro interpretato come un tempio pagano.

Anche la chiesa di San Basilio è legata a una leggenda: nel XVI secolo Samugheo fu afflitto da una grave pestilenza e la sua popolazione invocò il santo, promettendo di edificare la chiesa se il male avesse abbandonato il paese. L’edificio a navata unica, con impianto a croce latina, dato dalle due piccole cappelle dedicate a San Costantino e a Sant'Isidoro. All’esterno del sagrato è presente una pregevole fontana in trachite ben scolpita.

Infine, da ricordare è la chiesa di San Michele, la prima parrocchiale, di cui rimane il perimetro dell’edificio e dell’abside. Molto probabilmente si tratta di una chiesa di origine romanica, demolita  negli anni Cinquanta del Novecento perché ritenuta pericolante.

Su una rupe calcarea  che sorge a picco sulla gola formata dal Rio Araxisi, sono ancora visibili i ruderi del Castello di Medusa, di cui si conserva parte della poderosa cortina muraria, una torretta, una cisterna e i resti di una serie di ambienti rettangolari che dovevano avere la funzione di ambienti di servizio e alloggio. Dagli studiosi è attribuito al periodo bizantino (VI-XI sec. d. C. circa).

Il paesaggio rurale si contraddistingue per le centinaia di ricoveri dei pastori, disseminati in buona parte del territorio, realizzati in pietra a secco con copertura a cupola, denominati pinnatzos, attualmente in disuso, ma tali da attribuire una forte impronta identitaria al paesaggio.

La fertile vallata del rio Acoro è rinomata per le sue vigne e per la presenza di tre mulini ad acqua, tuttora intatti, attivi almeno dalla prima metà dell'Ottocento, come testimonia la cartografia storica, fino agli anni Sessanta, Settanta del Novecento. Si tratta dei mulini di Is Tirizzas, Ispadula e Giobbe. Sono un esempio ben conservato di archeologia della produzione, raccontano di un’economia agricola in cui la cerealicoltura era molto importante e dello sfruttamento del rio Acoro come forza motrice per azionare i sistemi di molitura.

Visitabili anche le aree archeologiche di Paule Luturru, dove è presente una tomba di giganti, e Sa Mura, dove sono attestati un nuraghe con rispettiva tomba dei giganti e i resti di un abitato romano-tardoantico, identificabili attraverso i perimetri degli edifici. A quest’area è relativo un ipogeo, probabilmente già cristiano, con sepolture scavate nella roccia. Entrambe le aree sono ad accesso libero e localizzate su maps.

Samugheo ha dedicato un museo all’arte tessile, il MURATS-Museo Unico Regionale dell’Arte Tessile Sarda, che propone ai visitatori una collezione permanente costituita da manufatti provenienti da diverse parti della Sardegna: coperte, lenzuola, biancheria per l’infanzia, biancheria per uso quotidiano, bisacce e teli per la campagna, abbigliamento per il pastore, costumi tradizionali per le feste e strumenti tra cui telai tradizionali in legno, attrezzature e strumenti vari per la tessitura, capi samughesi di abbigliamento giornaliero e festivo, preziosi manufatti tessili del Settecento, realizzati artigianalmente in lana, cotone e lino. Oltre all’esposizione della collezione storica, il MURATS organizza delle mostre temporanee dedicate alle nuove tendenze dell’artigianato, con uno sguardo rivolto al design e alla Fiber art.

 

Da gustare

La cucina tipica di Samugheo racconta i sapori caratteristici dell’Isola. Tra i prodotti che meglio rappresentano la tavola samughese, non può mancare il pane, preparato nella tradizione quotidiana e  per le feste, quando assume forme e significati unici a seconda dell’occasione. Altri piatti tipici sono sa brente (sanguinaccio di pecora), sa petza imbinada (carne al vino), su ‘ortau (un preparato di frattaglie e carne di maiale).

Anche il formaggio è uno dei prodotti che meglio sa descrivere la tradizione enogastronomica del borgo autentico: in particolare, protagonista della produzione casearia è il pecorino nelle sue varianti.

Infine, nel territorio di Samugheo si produce anche dell’ottimo vino, sia rosso che bianco e dell’olio.

Cosa fare

Tra le feste che animano il paese durante l’anno, ricordiamo la festa di Sant’Isidoro, protettore degli agricoltori, che si svolge a maggio e, a metà gennaio, la festa di Sant’Antonio e San Sebastiano, con il caratteristico fuoco acceso rispettivamente dagli Antonio e dai Sebastiano del paese. Si tratta delle feste più importanti, legate alle maschere sarde che in quest’occasione fanno la loro prima comparsa. E poi inizia A Maimone, carnevale samughese con rassegna di maschere di tutta la Sardegna. D’estate la vita paesana è animata dalle feste di San Costantino e San Basilio, con processioni religiose campestri in cui viene cantato il rosario in sardo, mentre i festeggiamenti civili prevedono gare poetiche in lingua sarda e danze.

Nel mese di agosto si tiene anche la Mostra dell’Artigianato Sardo dal nome Tessingiu (tessitura nella variante locale della lingua sarda), un salone che mette in mostra artigiani e designer isolani, proponenti il meglio delle produzioni in tutti i settori artigianali.

Nello stesso periodo si svolge anche la Rassegna estiva delle maschere della Sardegna.