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Clima, Cop21: lo scoglio del carbone

04.12.15
A Parigi prosegue Cop21, il vertice mondiale sul clima, dove ormai si è entrati nel pieno delle trattative sulle future azioni da intraprendere.

Ogni paese e ogni gruppo di interessi cerca di favorire la propria posizione: l'India, per esempio, sembra non voler cedere sull'uso del carbone e, per prevenire tensioni, i rappresentanti dei paesi industrializzati propongono di incrementare il fondo per trasferire tecnologie pulite nelle aree in cui esse sono ancora carenti, mentre le delegazioni delle piccole isole puntano a far scendere a un grado e mezzo, al posto di due, il limite di aumento massimo del riscaldamento globale, poiché solo in quel modo i loro territori sarebbero realmente al sicuro dalla crescita dei mari.

Le discussioni e le trattative sono aperte dunque e per ora sembra ancora possibile arrivare a un accordo, superando però lo scoglio che ancora rappresenta il carbone. Ciò che ancora però non è chiaro è la capacità di un eventuale accordo di ridurre il danno già in atto: l'obiettivo è dunque un accordo che non sia troppo vago, e dunque possibile da aggirare, ma nemmeno così dettagliato da creare problemi con quei Paesi, tra cui gli Stati Uniti, che mal accetterebbero veti provenienti dall'estero.

Si legge, a questo proposito, su repubblica.it:

E anche l'agricoltura, finora poco presente ai vertici sul clima, ha fatto sentire la sua voce. Se tutte le superfici agricole fossero coltivate con metodi biologici, le emissioni di CO2 causate dall'agricoltura potrebbero ridursi del 23% in Europa e del 36% negli Usa. Lo dice un'analisi - diretta da Andreas Gattinger del Fibl (Forschungsinstitut für biologischen Landbau, ovvero, l'Istituto di ricerca per l'agricoltura organica) e portata avanti da un gruppo di ricercatori internazionali - che ha esaminato i risultati di 74 studi internazionali che hanno paragonato gli effetti sul terreno delle coltivazioni biologiche e di quelle convenzionali.

"I terreni gestiti con il metodo bio hanno una maggiore capacità di sequestrare CO2 e di trattenere acqua, con conseguente miglior rendimento in condizioni climatiche caratterizzate dalla scarsità delle precipitazioni", spiegano i rappresentanti delle associazioni italiane Aiab, Associazione per l'agricoltura biodinamica e Federbio. "In questo modo si può ottenere il 13% della riduzione complessiva necessaria per raggiungere gli obiettivi climatici fissati per il 2030".

Resta però evidente e grave il problema legato al carbone. Secondo uno studio del Climate action tracker, anche senza la costruzione di nuove centrali, gli impianti a carbone attualmente in atto sono destinati a produrre sempre più emissioni, causando gravissimi danni all'intero sistema ambientale planetario. Da risolvere, dunque, oltre alla questione delle nuove centrali, anche la gestione di quelle esistenti.

(qui l'articolo originale)